La penna di Renato Farina non passa mai inosservata. Giornalista, opinionista, editorialista, penna e mente fine, ha descritto la visita di Papa Francesco a Milano da un punto di vista originale. Abbiamo trascritto per i nostri lettori di questo blog il suo articolo pubblicato dal quotidiano Libero.
«La nebbia se n' è andata!», dice Francesco in piazza del Duomo. Sintesi romantica ma perfetta. Nessuna voglia di cercare simbolismi atmosferici universali. Ci basta e ci avanza per queste evocazioni il fulmine che colpì la cupola di San Pietro all' annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI. Di tempeste e folgori sappiamo tutto, ci bruciano la pelle, torneranno oggi e domani. Ma ieri qualcosa è accaduto, non solo di sentimentale, ma di reale. Masse che si sono spostate con calma, senza lasciare cartacce, senza che nessuna paura dominasse l' aria. Persone che hanno palpitato di speranza. Ecco, l' ultima parola dell' omelia davanti a milioni a messa nel parco di Monza, è stata questa: speranza. Preceduta da un' altra: fede. Avercela... Ieri ne è circolata di questa roba fuori mercato, di solito merce di retorica e ieri invece palpabile.
Via la nebbia. Per chi ha vissuto - e in Lombardia siamo stati un milione e più - l' incontro di Milano con il Papa, lasciandosi trasportare dalla gioia dei ragazzi in moltitudine ma anche dei vecchi con il soprabito, è stato un bagno nella primavera.
Una strana trepidazione ha attraversato la città , dove pure «il dolore bussa a molte porte», ma anche questo c' era, non era tenuto fuori «dalla gioia».
Alle 8 quando il Papa è sceso a Linate c' era davvero il vecchio biglietto da visita di Milano, una nebbia indecente per questa stagione. Ma è durata poco. La periferia delle case bianche, gli anziani, la famiglia marocchina, il signore disabile, magro e sofferente nel lettuccio. La Madonna restaurata che custodiva le case consegnata nell' ordine tutto milanese, e senza smancerie, come dono a Francesco.
Poi la traversata verso il centro. Da cui sin dalle 7 del mattino avevamo visto agli angoli delle piazze torme di ragazzi e non solo raccogliersi intorno a un cartello per dirigersi verso il treno, i pullman che li avrebbero portati a San Siro stadio, oppure - i più - nel parco, all' ippodromo di Monza. Si sono spostati con organizzazione elementare e perfetta per essere già al mattino sui prati. Da cui si sono diramati milioni di selfie in tutto il mondo. Ragazze con le treccine tenute strette dalle fasce bianche e gialle dei colori pontifici, multiuso.
«La nebbia se n' è andata!». Quando papa Francesco dice queste parole il cielo è azzurro come uno schianto di luce, e la Madonnina d' oro in cima al Duomo di più. Sono le 11 e 35 e la piazza è piena di una strana primavera.
Questo Papa dice molto con i gesti. Ha perso (perso?) un sacco di tempo in cripta a pregare davanti alla teca con il corpo imbalsamato di San Carlo. Pregare. Bisogna pregare. Prima dei discorsi sociali dice questo, lo chiede a se stesso, e lo fa.
Il Duomo di Milano è l' unica cattedrale gotica la cui facciata sia più larga che alta, a dire la concretezza, l' attaccamento alla terra, alle cose, ma il marmo è roseo, aereo: il fare, la fabbrica (del Duomo) non finisce mai ma è bellezza.
Parla ai sacerdoti e alle suore. Qui c' è ancora un clero numerosissimo, senza paragoni nel mondo occidentale. Eppure - gli dice un giovane prete - gettiamo le reti e non peschiamo più. Dice una suora orsolina: «Siamo minorità . Siamo poche. Siamo anziane. Come faremo?». Il Papa ha detto alle suore, alla Chiesa, ma in fondo a Milano: «Mi piace questa parola "minorità ". Dobbiamo essere minori, come i frati francescani. Pochi sì, rassegnati no! Guai alla rassegnazione! La rassegnazione produce l' accidia. Non si tratta più di occupare spazi, ma di avviare processi dentro ogni sfida. Ogni sfida è un' occasione, vivetele con gioia».
Il discorso del Papa, già sviluppato in periferia, poi continuato in ogni luogo della sua visita è questo: non siamo in un' epoca di cambiamenti, ma stiamo vivendo un cambiamento d' epoca. Non per forza verso il peggio. Ci sono giochi ideologici, politici e finanziari su tutto: «Si specula sulla vita, sulle famiglie, sul denaro, sui migranti. Tutto sembra ridursi a cifre». «Il dolore bussa a molte porte». Siamo presi dallo «smarrimento». «Anche la Madonna lo fu. Ma nulla è impossibile a Dio. Lei credette». Ma non bisogna fare proselitismo, bensì stare accanto, vedendo e mostrando il volto di Cristo. I cattolici, la Chiesa non pretende niente, ma sta vicina «anche ai non credenti, anche ai non cristiani».
Il Papa nell' omelia, dovunque ha chiesto a Milano di ritrovare «la sua memoria». La memoria della misericordia. Dunque dell' ospitalità e dell' accoglienza. Della laboriosità capace di valorizzare la diversità , che è sempre stata la forza di Milano.
«La misericordia» dice e cita il cardinale Scola, che gli è stato accanto senza quasi farsi vedere, e molto commosso «ristora e dà pace. È Gesù che pesca, è lo Spirito Santo che raccoglie. Siamo pochi. Ma non dobbiamo rifiutare le sfide. E tutto con gioia. Nessuno segue uno triste. Uno triste non è convinto del suo annuncio». «Ora le strutture sono vuote, le suore anziane pensano di vendere per avere un conto in banca forte per la vecchiaia. Conosco questa tentazione. Torniamo all' incontro in Galilea», come i primi apostoli, con Gesù: abbandonarono tutto per seguirlo con le loro debolezze. «Quando ci apriamo alla grazia sembra che l' impossibile cominci a diventare realtà ». Prima di attraversare girandosi come una molla per benedire e salutare il milione del parco, più giovane dei suoi 80 anni, si è intrattenuto con ciascuno dei 900 detenuti di san Vittore e con le guardie. Ha mangiato risotto e cotoletta.
Quindi a San Siro, con i centomila cresimandi e cresimati degli oratori. Vi garantisco che non è stato un pareggio.Ed è già il giorno dopo. I soliti casini. I guai del lavoro e in famiglia, e la salute. Mi sono segnato queste parole del Papa: «La nebbia se n' è andata! Le cattive lingue dicono che verrà la pioggia... Non so, io non la vedo ancora!». Sperèm.
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