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venerdì 3 novembre 2017

Nella cava dimenticata dove la `ndrangheta seppelliva rifiuti pericolosi

Era il 20 ottobre del 2005, alla guida della città di Desio c'era il sindaco Giampiero Mariani. Dopo avere scoperto la discarica abusiva nel terreno di via Molinara, veniva intimata al proprietario, Massimo Cannarozzo, l'ordinanza per presentare un piano di caratterizzazione e la pulizia. A distanza di tre anni, nel 2008, l'operazione Star Wars condotta dalla Polizia Provinciale ha fatto emergere come quel terreno era l'epicentro di una serie di attività illecite della 'ndrangheta. Ad oggi, dopo arresti e sequestri, si aspetta ancora che l'area sia bonificata. Nei giorni scorsi il quotidiano "Il Giorno" si è occupato di questa vicenda. Ecco una parte del reportage che potrete reperire per intero sul numero di martedì 31 ottobre.


SE CI SI INFILA in via Molinara, alla periferia nord-est di Desio si costeggia un campo. Sulla sinistra, i capannoni della zona industriale. Sulla destra, la Valassina. Il terreno ha dei chiari avvallamenti, è uno sconnesso su e giù. Gruppi di appassionati di moto da cross hanno realizzato una piccola pista, dove vengono ad allenarsi e fare mini-gare, certificate anche da video caricati su Youtube. Di fronte, quella che è conosciuta come "cava" ma in realtà, essendo stata "farcita" per bene, adesso ha più le sembianze di un paesaggio collinare. Sopra le colline, una folta e fitta
vegetazione, cresciuta rigogliosa in tutti questi anni. 

LA ZONA è a libero accesso, non ci sono più le classiche delimitazioni bicolore di quando era sotto sequestro. Se non fosse per il perimetro attorno, tutt'altro che bucolico, sembrerebbe quasi uno di quei boschi in cui ti infili la domenica mattina, su in alta Brianza, per andare a raccogliere un po` di castagne. E invece. Per terra non ci sono né castagne né funghi. A una prima occhiata, e ai primi metri, non si nota nulla. Ma se si procede, le cose si chiariscono: quelle colline, alte anche parecchi metri, sono nient`altro che enormi cumuli di terra, detriti e rifiuti. Dai quali, più o meno nascosti, spuntano copertoni di auto, taniche, bidoni, rottami. E ancora interi reticoli di cavi, pezzi di elettrodomestici. Si notano anche le "big bags", le grandi borse riempite di materiali plastici. Lo studio effettuato dal geologo Gianni del Pero incaricato dal Comune per il piano di caratterizzazione, del resto, parla chiaro: «La situazione è degenerata nei primi mesi del 2008, quando l'area è finita in gestione ad alcuni «operatori», che hanno cercato di lucrare profitto con l`escavazione dei terreni naturali, costituiti in prevalenza da ghiaie e sabbie di ottima qualità, sino a profondità notevoli anche superiori ai 10 metri dal piano campagna, per la loro commercializzazione nel mercato illegale, e la conseguente opportunità di riempire le voragini prodotte con ogni tipo di materiale di cui vi era necessità di disfarsi, in particolare con rifiuti speciali e pericolosi, provenienti anche da aree che avrebbero dovuto essere, a loro volta, oggetto di bonifica».

I DATI fanno paura: un`area di 14mila metri quadri, entro i quali sono stati eseguiti scavi e sbancamenti, con stima della "mista" asportata di circa 100mila metri cubi, al cui posto sono state conferite almeno 180mila tonnellate di terreni di riporto e rifiuti. I rifiuti sono stati infilati sotto fino a oltre 10 metri. Con la presenza a livelli allarmanti di piombo, cromo, idrocarburi pesanti e altri metalli. Il tutto in quello che avrebbe dovuto essere un semplice «terreno agricolo». Numeri che, sulla strada del ritorno verso il centro abitato, fanno riflettere: sarà realmente mai fatta una bonifica del sito? O questa vergogna di periferia rimarrà per sempre tale? Proprio ieri era previsto un incontro tra il Comune e la Regione, saltato all`ultimo minuto per un accavallarsi di impegni.

LA BONIFICA - che costerebbe oltre 5 milioni - pare già messa da parte. Troppo complessa, troppo onerosa. «Ragioniamo sulla messa in sicurezza», è stato l`input della Regione. «Si sta valutando l`ipotesi del capping», spiega Del Pero. In sostanza, per evitare che gli inquinanti scendano verso la falda, il capping prevede la copertura del sito inquinato. Può essere temporaneo, in attesa dell`asportazione del materiale contaminato, o definitivo, a cui fa seguito una seconda copertura di terreno, successivamente naturalizzato con piantumazione. Una sorta di "sarcofago" che costerebbe circa 1 milione di euro.

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