I Balcani raccontati dagli Spomenik, «monumenti» in serbo – croato. «Spomenik. La Jugoslavia che resta» è la mostra fotografica che, venerdì 2 febbraio alle ore 19, inaugurerà il nuovo spazio espositivo di «HubDesio Giovani» (via Lampugnani, 68 – ingresso libero).
Voluti negli anni 60 e 70 da Tito
Voluti tra gli anni Sessanta e Settanta da Josip Tito, passato alla storia come un controverso dittatore comunista, ma anche come l’uomo che unificò – anche se per pochi decenni – la Jugoslavia, gli Spomenik erano enormi totem commemorativi per i caduti della Seconda Guerra Mondiale, eretti nei luoghi dove si erano svolte battaglie importanti.
Incarico ai migliori architetti dell'epoca
Tito affidò l’incarico di progettare gli Spomenik ai migliori architetti, designer e scultori dell’epoca, come Dušan Džamonja, Vojin Bakic, Bogdan Bogdanovic, Gradimir Medaković, Miodrag Zivkovic, Giordania e Iskra Grabul. Progettati secondo un nuovo stile architettonico, a tratti futuristico e spesso indecifrabile, i monumenti dovevano servire a «costruire» un’identità jugoslava trasversale e a moostrare la forza della Repubblica socialista jugoslava attraverso un potente impatto visivo.
Luoghi di culto laico per i comunisti
Negli anni Ottanta erano «luoghi di culto laico» per i comunisti di tutta Europa. Oggi sembrano astronavi dimenticate cadute dal cielo in Croazia, Bosnia, Macedonia, Serbia e Montenegro. Monumenti di una cultura dimenticata, riscoperti DA Stefano Fasano, Veronica Tosetti e Eliana Albertini che hanno voluto raccontare i Balcani di oggi attraverso il filtro della Jugoslavia: fotografie, scritti e disegni alla scoperta di qualcosa che non c’è più.